Vincenzo Petrucci
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41

C’è da cambiare troppo spesso bus. Questo è certo. Quasi non ricordo il passaggio per il 39 e il 40; eppure l’autobus da cui sono sceso aveva, ben evidente, il 41 luminoso a monte del lunotto anteriore. Lì, giusto sopra il viso in trasparenza dell’autista. Che faccia di cazzo. Sì, non dovrei essere così livoroso e volgare. Lo so, scusatemi. È solo che è stato un viaggio assurdo, su strade tortuose a velocità sostenuta. Ho fatto fatica a tenermi per quasi tutto il tragitto. A dire il vero sono anche caduto a un certo punto, ma una mano che ho faticato a riconoscere mi ha rialzato quasi subito. Mi ha evitato di finire schiacciato sotto le suole della folla che aumentava a ogni fermata. Per non parlare dei compagni di viaggio. Porca troia, mi sembrava di essere come Baricco nel circo di Barnum, pochi acrobati e molti fenomeni da baraccone. Facce aride, avide e tirate a lucido, che con lo sguardo sembrano tirarti via l’anima dalle viscere come i dissennatori di Harry Potter. Una follia. Avete presente quell’account Instagram con le foto in metropolitana? Come si chiama… Subway creatures mi sembra. Un viaggio come fosse scorrere senza sosta il feed di quel profilo. Un incubo.

E poi il silenzio, assordante, di quando tutti hanno smesso di produrre suoni e avevo il terrore che non avrei mai più sentito la voce di chi amo come l’avevo sentita fino a un momento prima. E il pianto. Mio e degli altri. E la sensazione di essermi perso, anche se questo fottuto bus non lo guido io.

E poi la luce. Ho visto le insegne del teatro. Davano “A Christmas Carol”. Quanto amo quel racconto. Non l’ho mai visto lo spettacolo teatrale. Ho tirato il freno di emergenza e sono sceso al volo per vederlo. Ora sono qui, al freddo su questo marciapiede e, mi rendo conto, in tutti questi giri in autobus non mi ero mai fermato a guardare uno spettacolo teatrale. Quanto me lo sono goduto. Ah, se me lo sono goduto!

E guardando quegli attori, pronti a improvvisare qualsiasi cosa accada, ho capito che è proprio l’improvvisazione la capacità necessaria nella vita. Quindi lo faccio, mi butto e improvviso; inseguendo i miei sogni.

E se anche mi dovessi schiantare, forse ne sarà comunque valsa la pena. Alla fine è il viaggio quello importante.

O no?

© 2024 Vincenzo Petrucci